Vizi della delibera condominiale rilevabili nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo.
Vizi della delibera condominiale:
É un obbligo di legge quello dell’ amministratore di attivarsi nei confronti dei condomini morosi per il recupero delle spese arretrate non corrisposte; a tal fine, l’art. 63 disp. att c.c. individua lo strumento più efficace, ovvero il decreto ingiuntivo “”Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi”.
Il condomino, come ricorda incidentalmente detta norma, può proporre opposizione a decreto ingiuntivo. La domanda che ci si pone al riguardo, e sulla quale si registrano orientamenti contrastanti nel panorama della giurisprudenza di merito e di legittimità, è se nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione degli oneri condominiali sia sottratta alla cognizione del giudice dell’opposizione la possibilità di esaminare qualsiasi forma di invalidità della delibera condominiale (quindi annullabilità e nullità) posta a fondamento dell’ingiunzione (in tal senso Cass. 9 agosto 2019, n. 21240; Cass. 28 marzo 2019, n. 8685 ; Cass. 23 febbraio 2017, n. 4672; Cass. 19 febbraio 2016, n. 3354), oppure se il giudice, in qualsiasi stato e grado del processo, possa invece rilevare – anche d’ufficio – l’invalidità della sottostante delibera qualora si tratti di vizi implicanti la sua nullità, trattandosi in questo caso dell’applicazione di atti la cui validità rientra tra gli elementi costitutivi della domanda su cui egli debba decidere (in senso contrario Cass. 17/06/2015 e 12582; Cass. 15/03/2017 n° 6652).
Con la recentissima Ordinanza n. 24476 depositata il 01/10/2019, la 2^ Sez. della Corte di Cassazione (rel. Antonio Scarpa) ha dovuto per forza di cose prendere finalmente atto della difformità delle pronunce sul tema in disamina, e, al fine di comporre il contrasto tra le sezioni semplici della Suprema Corte su una questione che presenta risvolti applicativi di estrema importanza, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente perché valuti la possibilità di assegnare la decisione sul punto alle sezioni unite della cassazione per dirimere il contrasto interpretativo.
Tutto ruota in sostanza sulla corretta procedura da seguire, sui vizi deducibili e/o rilevabili d’ufficio, nonché sull’individuazione dello strumento giudiziale tipico da esperire qualora il condomino e il suo difensore si trovino di fronte ad una situazione dove si intrecciano delibere condominiali, decreti ingiuntivi, e specularmente impugnazioni delle deliberazioni condominiali ex art. 1137 cc oppure opposizioni a decreto ingiuntivo, o ancora la coesistenza di entrambe le due iniziative.
É innegabile la rilevanza dei profili pratici connessi a tale problematica; se da una parte si afferma infatti in maniera pacifica che nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali non possono essere fatte valere questioni attinenti all’annullabilità della delibera condominiale di approvazione dello stato di ripartizione (ad esempio, Cass. 7 novembre 2016, n. 22573; Cass. 1 agosto 2006, n. 17486), essendo tale delibera titolo sufficiente che legittima la concessione del decreto ingiuntivo (il cui presupposto legittimante è legato soltanto all’efficacia esecutiva della delibera assembleare), dovendosi il giudice in tal caso limitarsi solo a verificare la perdurante esistenza ed efficacia del relativo atto collegiale presupposto (avverso il quale il condomino dovrà invece necessariamente agire mediante giudizio impugnatorio ai sensi dell’art. 1137 cc, e fatti salvi gli effetti sul giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo dell’ annullamento o della sospensione della deliberazione da parte del giudice dell’impugnazione), dall’altra parte la prospettiva muta qualora nella nozione di invalidità oggetto del giudizio di impugnazione ex art. 1137 c.c. debba ricomprendersi anche la figura giuridica delle deliberazioni condominiali affette da nullità, oggetto in tale evenienza dello stesso trattamento di quelle annullabili (come detto di sicuro escluse dalla cognizione del giudice dell’opposizione).
Osserva invece la sezione remittente che esula però dai contorni tipici dell’impugnazione di cui all’art. 1137 c.c., che è invece soggetta al termine perentorio di trenta giorni, la domanda intesa a far valere una nullità della deliberazione, la quale è azione di mero accertamento, perciò sottratta a qualsiasi termine di decadenza ed esperibile da chiunque vi abbia interesse, e quindi non implicante la necessità di tempestiva impugnazione nel termine decadenziale di trenta giorni, dal momento che “una deliberazione nulla, secondo i principi generali degli organi collegiali, non può, pertanto, finché (o perché) non impugnata nel termine di legge, ritenersi valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio, come si afferma per le deliberazioni soltanto annullabili. Alle deliberazioni prese dall’assemblea condominiale si applica, del resto, il principio dettato in materia di contratti dall’art. 1421 c.c., secondo cui è comunque attribuito al giudice, anche d’appello, il potere di rilevarne pure d’ufficio la nullità, ogni qual volta la validità (o l’invalidità) dell’atto collegiale rientri, appunto, tra gli elementi costitutivi della domanda su cui egli debba decidere (Cass. 17 giugno 2015, n. 12582; Cass. 15 marzo 2017, n. 6652)”.
Ci si auspica quindi che la nota questione venga definitivamente risolta con l’intervento delle sezioni unite.
Avv. Michele Cogotti