Nomina giudiziale dell’Amministratore di condominio.
Oltre che dall’Assemblea, l’Amministratore di condominio può essere nominato anche dall’autorità giudiziaria, e ciò nei casi in cui il Condominio sia privo dell’Amministratore e la sua nomina sia obbligatoria per legge (ossia quando i condomini sono più di 8), e sempre che i codomini non vi provvedano, e ciò ai sensi dell’ art. 1129 cc (norma a cui si riconduce quella figura tradizionalmente nota come “amministratore giudiziario”, che in realtà è niente di più e niente di meno che un Amministratore di Condominio a tutti gli effetti), oppure (in una fattispecie che la Suprema Corte definisce “similare”) a norma dell’art. 1105, uc., cc, quando cioè la nomina di un Amministratore non è imposta dalla legge ma la situazione di stallo o di inerzia dell’Assemblea o dei condomini nella gestione delle cose comuni renda necessaria la nomina di quello che viene invece conosciuto come “Amministratore ad acta”, incaricato cioè dal giudice solo per la gestione di uno o più affari specificamente individuati nel decreto di nomina.
In entrambe le due fattispecie occorre avviare (di regola da parte di un condomino ed eccezionalmente dall’Amministratore dimissionario) una iniziativa di tipo processuale non di natura contenziosa in senso tecnico ma con le forme di una procedura da trattarsi in camera di consiglio e classificato dalla legge come procedimento di “volontaria giurisdizione” (tra cui rientra anche quello diretto alla revoca dell’amministratore di condominio). Si è soliti affermare che, per questi ultimi procedimenti, a differenza dei primi, non vi sia una parte soccombente e che quindi non vi possa essere una condanna alle spese di giudizio, che pertanto non possano essere liquidate dal giudice ai sensi degli artt. 91 e ss cpc (spese che dovrebbero quindi “rimanere a carico del soggetto che le abbia anticipate”, cosi Cass. Civ., sez. II, 30/03/2001 n. 4706), con l’ulteriore corollario che è precluso alla parte che dette spese abbia anticipato di poterle richiedere con separato giudizio.
Sul punto, non è infrequente registrare nei provvedimenti conclusivi delle procedure camerali in disamina la seguente dicitura “Nulla per le spese”.
Tale assunto si regge sul fondamento che non vi sia “soccombenza” sulla lite, perché qualora la condotta sostanziale e processuale dei chiamati in causa (solitamente gli altri partecipanti al condominio) si sviluppi con la contestazione nel merito delle condizioni di fatto e/o di diritto inerenti alla domanda di nomina dell’Amministratore proposta da un condomino, al giudice è allora devoluto il compito di dirimere una controversia vera e propria sulla base di interessi, pretese o posizioni configgenti delle parti; il contrasto insorto tra i soggetti in causa, anche se riferito a procedure di volontaria giurisdizione dove all’esito sia quindi ravvisabile una parte vittoriosa e una soccombente, determina il recupero dell’attività giudiziale di liquidazione degli oneri di lite con l’applicazione del criterio della soccombenza o della causalità.
Con l’ulteriore conseguenza che il capo della pronuncia sulle spese contenuto in un provvedimento che chiude un processo non avente carattere contenzioso (solitamente Decreto o Ordinanza), inerendo a posizioni giuridiche soggettive di credito e debito è ricorribile per cassazione (in questo senso Cass., ss. uu., 29/10/004 n. 20957 e Cass. Civ., n. 18487 del 01/09/2014, quest’ultima resa in materia di procedimento diretto alla revoca dell’amministratore di condominio).
E da ultimo anche Cass. Civ., sez. II, n. 28466 del 05/11/2019, che nel confermare il principio sopra richiamato, ha avuto occasione di ribadire che mentre il merito della decisione contenuta nei provvedimenti di volontaria giurisdizione non è sindacabile in sede di legittimità, tuttavia la correttezza della statuizione di condanna alle spese può essere valutata ricostruendo il percorso logico-argomentativo che ha condotto il giudice alle statuizioni sugli oneri di lite, e quindi consentendo al ricorrente di proporre censure inerenti al merito della vicenda in quanto collegate allo scrutinio che attiene alla validità della regolamentazione delle spese di lite.
La condanna alla spese di giudizio è preclusa quando non vi sia invece “soccombenza”, ossia quando il dictum giudiziale sia corrispondente alla domanda formulata dal ricorrente; è da ritenersi quindi condivisibile la decisione assunta dalla Corte di legittimità con la recente pronuncia da ultimo citata (la n. 28466 del 05/11/2019), che ha annullato i provvedimenti adottati nei precedenti due gradi di giudizio dalle corti di merito che, piuttosto singolarmente, avevano condannato il condomino ricorrente (che si era invece attivato in Tribunale con una istanza finalizzata alla nomina di un amministratore di condominio) a rifondere agli altri condomini costituitisi in giudizio le spese di lite, malgrado la sua domanda di nomina di un nuovo amministratore del condominio fosse stata comunque accolta, e che quindi non si potesse ravvisare alcun profilo di soccombenza a carico di detto condomino che – dimostrando al contrario un effettivo interesse per le sorti attinenti alla gestione del proprio condominio – aveva correttamente agito in giudizio per la nomina dell’amministratore.