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ANAIP | Associazione Nazionale Amministratori Immobiliari Professionisti

Revoca anticipata dell’amministratore di condominio

Revoca Anticipata Dell’amministratore Di Condominio

Revoca anticipata dell’amministratore di condominio – scatta l’obbligo risarcitorio se non c’è una giusta causa

L’attività professionale che svolge l’amministratore di condominio, a oggi, non può essere fatta rientrare nello schema della prestazione d’opera intellettuale delineata dall’art. 2229 cc, il cui esercizio è subordinato all’iscrizione necessaria in appositi albi o elenchi stabiliti dalla legge.
Il mancato riconoscimento della qualifica di “professionista intellettuale” in favore dell’amministratore di condominio, che esercita sì una professione ma soltanto una di quelle non organizzate di cui alla L. n. 4 del 2013, qualche volta, con particolare riferimento al versante della tutela economica, presenta dei lati positivi.

L’occasione per fare il punto sullo stato dell’arte in materia ci viene offerto da una recente pronuncia della Corte di Cassazione (la n. 7874 depositata in data 19/03/2021), che, nell’annullare con rinvio una sentenza del Tribunale di Palermo, ha ribadito un principio di diritto che, disatteso da qualche giudice di merito, ha il pregio di puntualizzare ancora una volta, rafforzandoli, quelli che possono essere gli effetti particolari collegati allo scioglimento anticipato del rapporto contrattuale che intercorre tra l’amministratore e il condominio.

Il “contratto di amministratore di condominio” è infatti assimilabile al contratto di mandato, e ad esso, in via residuale (in forza del richiamo disposto dall’art. 1129, comma 15, cc.), si applica la relativa disciplina dettata dagli artt. 1703 e ss. cc. in tema proprio di contratto di mandato.
Tra queste norme, meritano particolare attenzione quelle che regolano i fatti estintivi del rapporto tra mandante (condominio) e mandatario (amministratore) ai sensi degli artt. 1722 cc e ss, ossia il recesso, che può avvenire o da parte del primo (c.d. revoca) oppure del secondo (c.d. rinuncia).

In relazione alla fattispecie che ci riguarda più da vicino, ossia del mandato oneroso a tempo determinato, il recesso operato dal mandante prima della scadenza del termine, pur essendo immediatamente efficace e non pregiudicando quindi l’efficacia estintiva del rapporto contrattuale in essere, determina unicamente l’insorgenza di una responsabilità contrattuale e conseguentemente la nascita di un’ obbligazione risarcitoria a carico del recedente qualora il recesso (e quindi la revoca del mandato) non sia sorretto da una giusta causa.
Identica responsabilità risarcitoria non sussiste invece nell’evenienza in cui il rapporto tra condominio e amministratore venga fatta ricadere nell’ambito di cui all’art. 2237 cc, dettato in materia di prestazione d’opera intellettuale, che, secondo la corte di legittimità, non è invece applicabile al contratto che intercorre con l’amministratore di condominio, la cui fattispecie deve ritenersi più correttamente assoggettata alla disciplina sul mandato, e quindi, in particolare, nella diversa norma recata dall’art. 1725 cc.

Revoca anticipata dell’amministratore

Quindi, nell’ipotesi in cui l’assemblea, senza una giusta causa, deliberi la revoca anticipata dell’amministratore prima della scadenza del suo mandato, pur interrompendo comunque il vincolo negoziale in essere in forza di un recesso che viene qualificato come atto lecito dannoso, a fronte del quale l’amministratore non è abilitato ad esperire nessun rimedio a carattere impugnatorio,, non potendosi ravvisare nessuna violazione degli obblighi spettanti al mandante, il mandatario/amministratore che subisca l’illegittimo recesso potrà contare su una tutela esclusivamente riparatoria, consistente nel diritto di ottenere dall’ex mandante non solo il compenso maturato e dovuto per l’attività prestata sino al momento della revoca (anche considerando che ai sensi dell’art. 1129, comma 8, cc, l’amministratore cessato dall’incarico non ha più diritto a percepire alcun compenso), ma anche un indennizzo rappresentato dalla perdita per lucro cessante o da mancato guadagno (il c.d. risarcimento del danno), da commisurare esclusivamente al corrispettivo che l’amministratore avrebbe concretamente conseguito qualora il mandato fosse stato integralmente svolto sino alla scadenza pattuita se non vi fosse stata una illegittima e anticipata interruzione del rapporto negoziale.

Solo la ricorrenza di una giusta causa, che la suprema corte “indicativamente” identifica in quelle che potrebbero giustificare la revoca giudiziale dell’incarico, può esonerare il recedente/condominio dall’obbligo risarcitorio nei confronti dell’amministratore.

Va da sé che, nell’ottica di un’assemblea di condominio orientata ad estinguere anticipatamente il legame contrattuale con il proprio amministratore/mandatario, sarebbe opportuna una valutazione seria sul suo operato, non dettata da ragioni personali o pretestuose o, ancora, da mere finalità connesse ad un semplice risparmio economico, valutazione di cui venga data trasparente contezza nella delibera di revoca; è da escludere infatti che tale requisito possa ritenersi soddisfatto attraverso il ricorrente uso di formule generiche o stereotipate che richiamano ad esempio il “venir meno del rapporto di fiducia con l’amministratore”, che, in verità, è più l’effetto della giusta causa che non la ragione di un valido e giustificato recesso.

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