skip to Main Content
ANAIP | Associazione Nazionale Amministratori Immobiliari Professionisti

Locazione ad uso commerciale ed emergenza da Covid-19

Locazione Ad Uso Commerciale Ed Emergenza Da Covid-19

Tra le varie problematiche che l’emergenza epidemiologica da Covid-19 ha portato o, più correttamente, i provvedimenti normativi finalizzati al suo contenimento, vi è quella della debenza o meno del canone di locazione commerciale per il periodo di chiusura “forzata” delle relative attività.
Gran parte dei commenti in argomento della Dottrina, ritenendo che ciò che sta accadendo possa in qualche modo rientrare nel comune “rischio d’impresa”, per natura a carico del Conduttore, propendono per l’obbligo di versamento del canone di locazione. Ed, infatti, non si ritengono applicabili gli istituti giuridici che il Conduttore potrebbe invocare a suo favore (in primis, la risoluzione per impossibilità sopravvenuta ex art. 1463 cod. civ. e ss. e/o per eccessiva onerosità di cui all’art. 1467 e ss. cod. civ., salvo altri).
Se non saranno emanati inequivoci provvedimenti di legge in argomento (poco o nulla rileva la norma di cui all’art. 65 del Decreto Legge n. 18/2020 c.d. “Cura Italia” e la conseguente Circolare esplicativa dell’A.E. n. 8/2020), e in caso di mancato accordo tra le parti (sempre auspicabile), credo si possa e/o si debba arrivare a conclusioni diverse.
In primo luogo, tuttavia, occorre partire da un attento esame del contratto di locazione in essere tra le parti.
Il Locatore, anche se involontariamente (ciò che è accaduto e sta accadendo non era oggettivamente prevedibile), potrebbe aver inserito in contratto una clausola invocabile in argomento, sebbene mediante interpretazione analogica e/o estensiva (avendo posto, ad esempio, a carico del Conduttore ogni e qualsivoglia rischio conseguente alla mancata concessione, alla sospensione, alla revoca delle licenze o permessi amministrativi per svolgere la propria attività commerciale, etc.); in tali casi la pretesa del Locatore di ottenere il pagamento dell’intero canone di locazione per il periodo de quo può risultare più “forte” (ma bisognerà essere sicuri, nell’interpretare la clausola, della “comune intenzione delle parti” ex art. 1362 cod. civ.).
Diversamente, nulla dicendo il contratto ed anzi, laddove sia stato espressamente indicato che il Conduttore ha preso in locazione l’immobile al fine di esercitarvi un’attività che comporti, ad esempio, contatti diretti con il pubblico, il Conduttore potrà seguire due strade.
I. La prima è da percorrere nel caso non si abbia più interesse alla prosecuzione del rapporto (si teme, infatti, che anche a seguito della revoca del c.d. “lock down” – per le nuove misure che saranno adottate al fine di prevenire una nuova ondata di contagi – molti esercizi commerciali non potranno per molto tempo esercitare la propria attività così come in precedenza; da ciò un periodo non breve di scarsa redditività dell’attività stessa). In tal caso il Conduttore può seguire due modalità: A) recedere dal contratto per i “gravi motivi” di cui all’art. 27 Legge n. 392/78 con preavviso dei sei mesi (e sul punto credo nulla questio, ossia nulla potrà eccepire il Locatore); B) rilasciare il locale e domandare, bonariamente o giudizialmente in caso di mancata adesione della Proprietà, la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità ex art. 1467 cod. civ.: dover sostenere tutti i costi di un locale commerciale senza poter incassare alcuna somma può essere “eccessivamente oneroso” per molti imprenditori e la causa, una pandemia, è di certo evento straordinario e imprevedibile.
II. Diversamente, se il Locatore ha un interesse alla prosecuzione del rapporto contrattuale, può seguire l’altra strada ossia: C) sospendere in tutto o in parte il pagamento del canone di locazione per il periodo in questione e, contestualmente, intraprendere una negoziazione con il Locatore per una rideterminazione concordata del canone.
Per tale ultima opzione il Conduttore potrebbe invocare, a mio modesto avviso, due principi.
Il primo, di carattere particolare, è quello di cui all’art. 1584 cod. civ.: per oltre venti giorni di mancato godimento dell’immobile locato per l’esecuzione di riparazioni il Conduttore ha diritto a una riduzione del corrispettivo proporzionata alla durata ed all’entità del mancato godimento; dal punto di vista del Conduttore non vi sono differenze tra il mancato godimento dei locali per l’esecuzione di lavori di riparazione e il mancato godimento dei locali per provvedimento dell’Autorità amministrativa.
Il secondo, di portata generale, è quello di cui all’art. 1460 cod. civ. non essendo stato l’immobile, per il periodo di riferimento, idoneo – di fatto – all’uso pattuito (idoneo sotto il profilo “funzionale”, ossia idoneo a svolgervi attività commerciale, a realizzare la causa concreta del contratto). Il Conduttore non ha potuto “godere” dell’immobile e la locazione, ex art. 1571 cod. civ., è il contratto col quale una parte, il Locatore, si obbliga “a far godere all’altra una cosa mobile o immobile”; tra le obbligazioni principali del Locatore, ex art. 1575 cod. civ., vi è quella di consegnare al Conduttore la cosa locata e “..garantirne il pacifico godimento”. E se è vero che ciò non è imputabile al Locatore (il quale, ad esempio, non risponde del risarcimento del danno per lucro cessante subito dal Conduttore), potrebbe allo stesso modo affermarsi che, venuta a mancare – di fatto e temporaneamente – la prestazione della controparte, viene anche meno la prestazione del Conduttore [cfr. in argomento Cass. n. 20322 del 26.07.2019, pag. 9 motivazione].
Sotto altro profilo, ma sempre a supporto di quanto sopra, si osserva che l’attuale paralisi dell’attività economica sta provocando un evidente squilibrio nel sinallagma funzionale del contratto a cui bisogna necessariamente porre rimedio: il Locatore non dovrebbe poter continuare a percepire il canone di locazione come se nulla fosse (anzi avendone un ipotetico vantaggio poichè un locale “chiuso” è soggetto a minor deterioramento o consumo) e il Conduttore non dovrebbe esser costretto a continuare a sostenere tutti i costi della propria attività commerciale (oltre al canone di locazione anche molte altre spese accessorie, dagli oneri condominiali ai costi fissi delle utenze, etc.), senza poter incassare alcuna somma. Riequilibrare il rapporto tra le parti, per un evento non imputabile ad alcuna delle due, sembra doveroso e non può che significare – in concreto – ripartire tra le stesse le perdite economiche conseguenti all’emergenza epidemiologica; da ciò, si ribadisce, l’utilità di una negoziazione finalizzata alla rideterminazione del canone di locazione, salvo altro.
Nel caso in cui il tentativo di composizione bonaria non riesca, ossia in ipotesi di contenzioso, la legittimità delle opzioni di cui sopra [sub B) e C)], non potrà che essere rimessa al sindacato di merito dell’Autorità Giudiziaria che dovrà valutarla esaminando le circostanze del caso concreto alla luce, anche e soprattutto, dei principi di buona fede e correttezza oggettiva ex art. 1175 e 1375 cod. civ. nell’esecuzione del contratto.
Avv. Arnaldo Del Vecchio

Approfondimenti

Back To Top